15.
Un’indagine complicata
Questa volta il profumo era di cioccolato e scorza d’arancia. Lo studio verde del vecchio Darbon, ora sede di un gruppo di detective ancora in cerca di un nome decente, era invaso dal profumo della famosa torta Vecchia Parigi della signora Barduchon.
Sotto la luce che illuminava il tavolo al centro della stanza, spiccavano sette facce beate con qualche briciola di cioccolato qua e là.
— Ancora una fetta! — disse perentorio l’avvocato Janvier.
— La torta è finita, avvocato — rispose la signora Barduchon, altrettanto perentoria.
In mancanza di altre fette di torta, era evidente che non restava che iniziare la riunione per fare il punto sul caso Deloffre.
— Noi abbiamo una bomba! — annunciò Fabò, impaziente.
Gli altri investigatori di vicolo Voltaire si voltarono a guardarlo.
— Beh, allora sparala, ragazzo! — lo esortò Victor.
— In tutta questa faccenda c’è di mezzo una contessa!
— Una contessa? E da dove salta fuori? — domandò il figlio della signora Barduchon, colpito da quel dettaglio vagamente romanzesco.
Annette si incaricò allora di esporre le scoperte fatte la sera prima su Internet, sbirciando tra le foto di Ferblantier.
Il racconto della giovane Gaillard scatenò una fiammata di impeto investigativo.
— Questa poi! — commentò l’avvocato Janvier. — Deloffre non mi sembra davvero il tipo per una località chic come Biarritz, né tantomeno qualcuno che potrebbe frequentare delle contesse!
— Sì, la cosa puzza — ammise Victor.
— Mah... di Deloffre sappiamo poco, in fondo... e la contessa potrebbe essere una nobile decaduta o una millantatrice — ipotizzò il figlio della Barduchon.
— A dire il vero, — intervenne Lalou — dalle foto, la contessa Blumier aveva tutta l’aria di essere una vera contessa.
— COOOSA?! — tuonò la signora Barduchon sporgendosi sul tavolo con un guizzo da ragazzina. — Che nome hai appena detto, Lalou?
— Blumier... — ripeté il ragazzo, vagamente intimorito. — Era il nome che c’era scritto sulle foto che abbiamo trovato ieri sul web.
I fratelli Gaillard confermarono, annuendo con il capo.
— Ma, insomma, vi rendete conto? La contessa Blumier! Quella che è stata sulla bocca di tutti per mesi! commentò la signora Barduchon, agitata.
Gli sguardi perplessi degli altri le fecero capire che non erano al corrente di quella faccenda.
— Oh, insomma... — si spazientì. — Un mese fa al mercato non si parlava d’altro.
— E allora che cosa aspetta a riversarci addosso questa valanga di pettegolezzi? — la esortò il postino Victor, acido come al solito.
— Ma quali pettegolezzi, Cormolles! Era scritto sui giornali... Se solo lei si desse la pena di leggerli... La contessa Blumier era un donna ricchissima, possedeva un intero palazzo in rue de Rivoli...
— Come sarebbe a dire “era”? — la interruppe Lalou.
— La Blumier è andata al creatore un mesetto fa! — rivelò la Barduchon.
La morte faceva nuovamente capolino in quell’indagine. Annette sentì un brivido correrle lungo la schiena. Ci fu qualche istante di silenzio, durante il quale gli investigatori di vicolo Voltaire si scambiarono sguardi carichi d’interrogativi.
— E per quale ragione se ne parlò tanto, mamma? — domandò il giovane Barduchon.
— La contessa Blumier era sempre stata una donna piuttosto chiacchierata — cominciò a raccontare la madre. — Viaggiava molto e amava circondarsi di bei giovanotti...
— Di bei giovanotti e di poveracci come Deloffre, sembrerebbe — puntualizzò l’ex principe del foro Janvier, con un sorrisetto.
— Beh, insomma, — proseguì la Barduchon — quello che fece scalpore fu la notizia che la contessa aveva diseredato sua figlia per lasciare tutto a uno sconosciuto!
— Chissà che mazzata per la figlia! — commentò Lalou.
L’avvocato Janvier strinse gli occhi a fessura, come se fosse a caccia di un ricordo sepolto nella sua memoria. — Ma sì... — disse. — Ora che ci penso, mi pare di averne sentito parlare da alcuni ex colleghi... Ne è nata una battaglia giudiziaria all’ultimo sangue.
— Proprio così. Ma al mercato girava voce che la figlia della Blumier doveva rassegnarsi... Il testamento a favore di quel tizio era valido!
Fabò si prese la testa fra le mani. — Questo caso è sempre più assurdo... Ci mancava la contessa con la sua eredità!
— Già — gli fece eco la sorella. — Mi chiedo che cosa c’entri in tutto questo uno come Deloffre.
— Forse nulla — replicò Victor. — Ricorda cosa dice sempre Ellerton: «Nulla getta più fumo negli occhi di un bel mucchio di coincidenze».
L’unica cosa certa era che quel caso si stava facendo sempre più ingarbugliato.
— Dobbiamo procedere con metodo — intervenne l’avvocato Janvier. — Victor, lei era incaricato di indagare sui coinquilini del palazzo di Deloffre. Risultati?
— Ho chiesto al mio collega che consegna la posta in quella zona — incominciò a raccontare Victor. — All’inizio mi ha detto che nel palazzo vivono impiegati, pensionati, un accordatore di pianoforti, tutta gente perbene, non ricca, ma sicuramente senza problemi economici.
— Poi le ha rivelato qualcosa di più succoso?
— Esatto. Pare che sia arrivato un nuovo inquilino. Non è quasi mai in casa e riceve della posta che gli viene inoltrata da un indirizzo di Marsiglia.
— Marsiglia! — esclamò il figlio della Barduchon, illuminandosi. — La patria dei gangster e dei poco di buono!
Victor Cormolles, che era originario di Marsiglia, lo incenerì con lo sguardo.
I detective di vicolo Voltaire cominciarono a discutere animatamente.
Lalou lanciò un’occhiata alla vecchia pendola scura che campeggiava in un angolo della stanza. Doveva ancora esercitarsi con il suo assolo di chitarra. — Ehi, ehi, ehi! — intervenne. — Non dobbiamo disperdere le nostre forze proprio adesso... Studiamo invece una strategia.
— Lalou ha ragione — annuì Janvier. — Ci sono idee?
— Beh, abbiamo due piste da seguire — disse Annette. — La contessa Blumier e il nuovo inquilino marsigliese.
— Esatto — confermò il figlio della Barduchon. — Dobbiamo raccogliere informazioni su entrambi.
— La contessa aveva una figlia, giusto? Secondo me bisognerebbe andare a farle una visita — disse Fabò.
Tutti gli occhi si rivolsero verso la distinta figura dell’avvocato Janvier. I detective di vicolo Voltaire sapevano che la colomba bianca aveva difeso parecchi aristocratici parigini nel corso della sua carriera.
— Un attimo! — protestò immediatamente l’ex principe del foro. — Io quei manichini snob tutti pose e salamelecchi non li sopporto proprio!
— Avanti, Janvier... lei sa come far parlare quella gente — lo blandì la Barduchon. — E se farà la sua parte potrebbe avere una bella... ricompensa!
— Tarte tatin? — domandò l’avvocato con uno scintillio negli occhi.
— Tarte tatin! — confermò la Barduchon.
— Di fronte a una simile offerta non posso tirarmi indietro... Ma non ho voglia di andarci da solo.
— Fabò e io verremo con lei, saremo i suoi.... nipoti — propose Annette.
— Affare fatto, allora. Ma vi avverto: dovrete mettervi in ghingheri.
I fratelli Gaillard promisero un abbigliamento degno dell’occasione.
Il definitivo ok dell’avvocato Janvier fu accolto da tutti con soddisfazione. La macchina investigativa di vicolo Voltaire procedeva dritta sulla sua strada!
— Fantastico, allora se siete tutti d’accordo io mi occuperò di indagare sul tizio marsigliese — aggiunse Lalou.
Nessuno ebbe da ridire. Gli investigatori di vicolo Voltaire si salutarono, in un’atmosfera elettrica e carica di attesa. Nei minuti successivi, le luci ai piani superiori del palazzo si accesero a una a una, unendosi agli innumerevoli puntini luminosi che costellavano la notte parigina.